Da “Il libro dell’Inquietudine” [46]

Vivere è essere un altro. Neppure sentire è possibile se si sente oggi come si è sentito ieri: sentire oggi come si è sentito ieri: sentire oggi come si è sentito ieri non è sentire, è ricordare oggi quello che si è sentito ieri, è essere oggi il cadavere vivo di ciò che ieri è stata la vita perduta.

Cancellare tutto dalla lavagna da un giorno all’altro, essere nuovo ad ogni nuova alba, in una nuova verginità perpetua dell’emozione: questo e solo questo vale la pena di essere o di avere, per essere o avere quello che in modo imperfetto siamo.

Quest’alba è la prima alba del mondo. Questo colore rosa, che attraverso il giallo volge verso un caldo bianco, non si è mai posato prima sulla facciata occidentale che il caseggiato con i suoi occhi vitrei punta sul silenzio che sopraggiunge dalla luce crescente. Mai c’è stata quest’ora, o questa luce, o questo mio essere. Ciò che sarà domani sarà un’altra cosa e ciò che vedrò sarà visto da occhi ricomposti, pieni di una nuova visione.

Alti monti della città! Grandi architetture che i pendii scoscesi reggono e ingrandiscono, slittare di edifici raggrumati in varie forme che la luce intesse di ombre e di ustioni: siete l’oggi, siete me; poiché vi vedo siete ciò che […] e vi amo dalle mie murate come un piroscafo che incrocia un altro piroscafo e c’è un’ignota nostalgia al passaggio.
Dalla terrazza di questo caffè guardo con un fremito la vita. Vedo poco di essa: il suo disordine, in questo suo concentrarsi entro questa piazzetta nitida e mia. Una fiacchezza, come il principio di una sbornia, mi illumina di cose l’anima. Fuori di me, nei passi dei passanti […] scorre la vita evidente e unanime.

In quest’attimo i miei sensi si assopiscono e tutto mi sembra un’altra cosa: le mie sensazioni sono un errore confuso e lucido, apro le ali ma non mi muovo, come un condor ipotetico.

Quale uomo di ideali, chissà se la mia aspirazione più alta non sia quella di occupare questa seggiola al tavolo di questo caffè ?

Ogni cosa è vana come rimestare la cenere, vaga come il momento in cui non è ancora l’alba.

E la luce sgorga così serenamente e perfettamente sulle cose, le avvolge talmente di realtà ilare e mesta! Tutto il mistero del mondo precipita fino a materializzarsi davanti ai miei occhi in banalità e strada.

Ah, in quale modo le cose quotidiane sfiorano misteri in noi! In quale modo alla superfice toccata dalla luce di questa vita così complessa in quanto umana, l’Ora, sorriso incerto, sale alle labbra del Mistero! Come sembra moderno tutto ciò! E allo stesso tempo così antico, così occulto, con un senso così diverso da quello che risplende in tutto!


Essere nuovo ad ogni alba,
offrire alla vita la verginità delle emozioni
e non ricordare oggi
quello che si è sentito ieri.

Poiché ogni cosa “è vana come
rimestare la cenere e noi
siamo in modo imperfetto”


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